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Re: VERBALI degli Incontri

Posted: 15/01/2010, 11:37
by Ross
Verbale redatto da Giulia Rossini

Ferrara, 9 Gennaio 2010.
Decimo Incontro.

“L’Ombra del Vento” di Carlos Ruiz Zafòn
Titolo originale: “La Sombra del Viento”
Libro proposto da Chiara Bergamini.

Partecipanti: Chiara Bergamini (moderatrice), Francesca Buraschi, Elena Lavezzi, Giulia Pasquali, Giulia Rossini, Giorgio Sacchi e Anna Vaccari (arriva alle ore 16.00 ca).
In qualità di uditore: Silvia Callegari.

Apre l’incontro Chiara (moderatrice) proponendo una riflessione sulle capacità stilistiche dell’autore: Carlos Ruiz Zafòn.
Ci si sofferma inizialmente sull’abilità di Zafòn di ricreare “suspence”, in un intercalare di tensione, tenendo sempre viva l’attenzione del lettore e accompagnandolo quasi per “mano” attraverso la narrazione.
Lo stile evocativo di Zafòn è capace di sussurrare e gridare con la stessa intensità.
Chiara fa notare che la copertina del libro è stata ripresa da una fotografia intitolata: “L’Ombra del Vento” di un fotografo spagnolo: Francesc Català-Roca negli anni ’50 da cui Zafòn riprese il titolo per il suo romanzo.

La caratteristica che contraddistingue il romanzo e sulla quale trova tutti i partecipanti d’accordo, è la sua circolarità: il romanzo,infatti, si apre e si conclude nello stesso modo, le parole di Daniel e di Julian sono le stesse e anche l’età dei due personaggi è simile.
E’ la storia di due persone: Julian Carax e Daniel Sempere che si sovrappone una sull’altra, è una storia speculare/parallela non spiegata dall’autore e dove il forte parallelismo si spezza solo alla fine, come fa notare Francesca.
Si nota che Daniel nasce nel 1936 e proprio in quello stesso anno Carax torna a Barcellona dopo aver trascorso anni in “esilio” a Parigi.
Un’altra analogia tra Carax e Daniel è che entrambi sono stati i proprietari della penna Montblanc Meisterstuck che sembra essere appartenuta a Victor Hugo.
Qui ci si sofferma su quella che sembra essere un’incongruenza: la Montblanc non esisteva ancora all’epoca di Hugo (la penna Mont Blanc Meisterstuck è stata creata per la prima volta nel 1924 ad Amburgo) e tra i partecipanti all’incontro sorge,quindi, spontanea la domanda se questo sia una “svista”oppure se sia un espediente voluto dall’autore.

Un’altra “incongruenza” che Elena riscontra, la si trova nell’ultimo capitolo “1966 Dramatis Personae” quando Daniel,ormai adulto, dice: “(…) Adesso ho quasi trent’anni e sarà difficile che cambi parere (…).”, ma Daniel nel 1966 dovrebbe già avere trent’anni dato che è nato nel 1936.

Si passa successivamente ad analizzare un elemento importante della storia: il Cimitero dei libri dimenticati, che gioca un ruolo fondamentale essendo sia il luogo della “morte” (passato) sia il luogo della “memoria” (presente) ecco infatti che ritorna la circolarità.
Presente e Passato si mescolano, i fantasmi (morti) del passato ritornano nel presente.

Il contesto storico in cui è ambientato il libro è la Guerra Civile spagnola (1936-39 combattuta fra i nazionalisti anti-marxisti, “Nacionales” e i “Republicanos” composti da truppe governative e sostenitori della Repubblica spagnola. La guerra termina con la sconfitta dei repubblicani che diede il via alla dittatura del generale nazionalista Francisco Franco.) e i luoghi e i personaggi rispecchiano gli orrori della guerra.
Francesca e Chiara fanno notare come sullo “sfondo” del romanzo sembri “echeggiare” il quadro di Picasso “Guernica” che ritrae la guerra e come i colori del quadro ( nero, bianco e grigio) rappresentino alcuni aspetti dei personaggi: il bianco,infatti, è il colore che Zafòn utilizza per descrivere l’incarnato delle protagoniste femminili: Clara “vestita di bianco, viso diafano” (pag.20), Penelope “il lungo collo di un bianco latteo.”, Beatriz “carnagione lattea.” (pag.94).
La riflessione da qui suscitata è quella della donna vista come figura sempre positiva nonostante sia lei stessa vittima di ingiustizie e violenze da parte degli uomini e della guerra.
Il nero e il grigio contraddistinguono la città di Barcellona descritta come buia e tetra e non solo; ogni personaggio,infatti, è segnato da una tragedia personale: Daniel che perde la madre, Fermìn che perde la sua dignità e tutti suoi averi, diventando cosi un senza tetto (poi accolto da Daniel e suo padre).


Chiara sottopone all’attenzione dei partecipanti come la figura dell’angelo sia spesso presente all’interno della storia:

• al cimitero dei libri dimenticati,
• Clara Barcelò sembra un angelo,
• Casa Aldaya con la fontana in cui è rappresentato un angelo con il dito indice teso verso l’osservatore (dove morirà Fumero),
• l'ospizio di Santa Lucia,
• Bernarda definita da Fermin come un angelo.

(La figura dell’angelo è una fissazione dell’autore oppure è fondamentale per lo svolgersi della storia?)

Secondo Chiara l’angelo di casa Aldaya potrebbe rappresentare Zaccaria, figura che vedeva spesso Giacinta da bambina e che man mano che cresceva si trasformava in un “mostro”.
Zaccaria,come ricorda qualcuno è un profeta non un angelo, da altri invece viene interpretato come un angelo “vendicatore”.

Qui Francesca fa notare come nel romanzo i sentimenti siano amplificati (si fa riferimento alla violenza subita da Fermìn picchiato da Fumero e dai suoi collaboratori, alla violenza subita da Don Federico per la sua “diversità”, ma anche sentimenti positivi come la lealtà che contraddistingue molti dei personaggi: Fermìn nei confronti di Daniel e suo padre e Miguel nei confronti dell’amico Carax).
Miguel è un personaggio fondamentale perché senza di lui la storia non avrebbe avuto lo stesso finale, viene definito da Giorgio un martire perché dedica tutta la sua vita ad aiutare l’amico Carax a scapito della sua felicità.
Miguel viene inoltre descritto da Anna come personaggio “sensibile” di quella sensibilità propria degli artisti.
Ama una donna, Nuria Monfort, che non lo ama essendo innamorata di Carax.
Miguel consumato dalla malattia,trova comunque il modo di far andare bene le cose se non a lui a chi gli sta vicino.
E’ una figura positiva perché l’autore sembra dare uno spiraglio di luce, sia ai personaggi sia al lettore quasi a voler dire che anche nel male ci può essere qualcosa/qualcuno di buono.


Il romanzo viene definito da Francesca “Drammatico-Romantico” nel senso dello “Sturm und Drang”.

Altra tematica è il senso di totalità e globalità: viene riscontrata una certa modernità/”realismo” della storia e dei suoi personaggi.
Si riporta l’esempio delle diverse tipologie di famiglie: la famiglia composta da un genitore e un figlio (Daniel e il padre), la famiglia “classica” (quella degli Aldaya) e la famiglia allargata (i Barcelò).

Dopo la pausa, avvenuta alle ore 17.00-30 ca, viene annunciato il libro del prossimo incontro : “La Tredicesima Storia” di Diane Setterfield proposto da Giulia Rossini.

Si riprende l’incontro e Chiara mostra alcune fotografie dei luoghi in cui è ambientato il romanzo.
Si prende visione anche di un video degli “Evanescence” ambientato in Plaza de San Felipe Neri dove Nuria andava a leggere.

Uno dei temi della seconda parte dell’incontro è il tema della Magia.
Tutto in questo romanzo è magico.
Paragone con Marquez e il Realismo Magico.
Giorgio sostiene che non ci sia una dimensione divina ma ultraterrena e magica dove gli aspetti magici non vengono indagati ma accettati. Il magico è parte integrante della realtà.

Francesca suggerisce che nel romanzo sembra esserci una netta distinzione tra “buoni” e “cattivi”, quasi come se Zafòn volesse appunto distinguere i personaggi buoni da quelli cattivi, facendo chiarezza e senza lasciare dubbi nel lettore.


Verso la fine della discussione si prova a definire il romanzo con i seguenti aggettivi:

• Romantico
• Originale
• Magicamente reale
• Gotico

Sebbene il romanzo abbia raccolto giudizi molto positivi, sono stati riportati due elementi che non sono piaciuti ad alcuni dei lettori presenti all’incontro:

• L’ostilità infondata e esagerata di Don Ricardo nei confronti della figlia Penelope.
• La parentela tra Julian Carax e Penelope Aldaya (fratelli- è vista come forzata).

La discussione termina con una riflessione sul finale del romanzo: “Beatriz è viva oppure muore come la madre di Daniel?”.
Finale che potrebbe essere considerato un finale aperto, dato che il lettore non ha la certezza assoluta che Beatriz sfugga al “destino” dell’autore.
Qui i partecipanti sono divisi in due parti: chi pensa che Beatriz sia viva e quindi che la storia abbia un finale positivo e si distacchi dalla storia di Carax; chi invece non è sicuro che Beatriz sia viva e che possa scampare alla circolarità del romanzo che “vuole” la sua morte come quella della madre del piccolo Sempere.

Re: VERBALI degli Incontri

Posted: 18/04/2010, 17:26
by Frency
Verbale redatto da Francesca Buraschi

Abano Terme, 10 aprile 2010
Undicesimo incontro

"La tredicesima storia" di Diane Setterfield
Titolo originale: "The Thirteenth Tale"
Libro proposto da Giulia Rossini

Partecipano all’incontro: Chiara Bergamini, Francesca Buraschi, Silvia Callegari, Elena Lavezzi, Giulia Pasquali, Giulia Rossini (moderatrice), Giorgio Sacchi.
Partecipano in qualità di uditori: Cecilia Buraschi, Anna Vaccari.

La Ross, moderatrice dell’incontro, introduce la discussione sul libro da lei proposto sottolineando innanzitutto plurime analogie tra La tredicesima storia e Cime tempestose, di Emily Brontë.
Gli aspetti che accomunano queste due opere sono:
- l’ambientazione (Yorkshire)
- la narrazione affidata a diversi personaggi (in La tredicesima storia: Margaret Lea e Vida Winter; in Cime tempestose: Mr Lockwood e la governante Nelly)
- la presenza di personaggi irruenti e tormentati (in La tredicesima storia: Adeline e Charlie; in Cime tempestose: Heathcliff; vedi anche lo stesso titolo Cime “tempestose”)
- l’impossibilità di dare un’effettiva collocazione temporale ai fatti narrati (mancano date e/o precisi riferimenti storici). In assenza di date, abbiamo cercato altri dettagli che ci consentissero di collocare temporalmente il romanzo (es. nel romanzo non si fa alcun riferimento ai computer o ai cellulari; c’è il telefono; i personaggi si scrivono lettere; Margaret è una donna indipendente, che viaggia da sola e lavora…tutti questi indizi ci fanno pensare che la storia di Margaret si svolga negli anni Ottanta, mentre quella di Adeline ed Emmeline negli anni Venti).
- la storia d’amore (in La tredicesima storia: la storia d’amore tra le gemelle stesse; l’amore-ossessione di Charlie per la sorella Isabel; in Cime tempestose: la storia d’amore tra Catherine e Heathcliff)
- turbinio di emozioni tipico del romanticismo: passionalità che sconfina nella pazzia e nella follia
- i fantasmi: tuttavia, mentre in Cime tempestose abbiamo in fantasma gotico (il fantasma di Catherine che bussa alla finestra), in La tredicesima storia manca la dimensione ultraterrena vera e propria. Abbiamo, piuttosto, una donna (Vida Winter) che vive come un “fantasma”: pur vivendo, è come se non avesse mai vissuto. La sua vita è stata vuota perché vissuta interamente in funzione di Emmeline.

A tal proposito, si coglie l’occasione per soffermarsi sul nome che la stessa protagonista si è data:
VIDA WINTER
VIDA: ha un duplice significato, poiché significa “vita” (dandosi questo nome, è come se la scrittrice volesse darsi quella “concretezza” necessaria a colmare la sua esistenza di “fantasma”), ma significa anche “vuoto” (lei, di fatto, ha vissuto la sua esistenza privandosi della sua personalità e vivendo solo in funzione di Emmeline; è stata come un guscio vuoto).
WINTER: “nome tutto a punte”, si dice nel romanzo. Secondo la nostra interpretazione, quelle punte servono alla scrittrice per difendersi dal mondo e dal suo passato. Anna, poi, si lancia questa interpretazione: la W di Winter è una doppia v. Ma in inglese si dice double “u”, che si legge “you”. Traducendo: “il doppio di te”. Vedi riferimento ai gemelli, che sono uno la coppia dell’altro.

Si sottolinea, poi, come La tredicesima storia presenti diverse analogie anche con L’ombra del vento di Zafòn (libro letto all’incontro precedente). I punti in comune sono:
- tutto il romanzo ruota attorno ad un libro, il cui titolo dà il nome al romanzo
- la figura del libraio, custode di un sapere che non deve essere dimenticato
- l’incesto (in La tredicesima storia tra Charlie e Isabelle; in L’ombra del vento tra Carax e Penelope)
- gli angeli (in La tredicesima storia la tenuta si chiama Angelfield [vedi cucchiaino con angelo]; in L’ombra del vento la villa degli Aldaya si chiama L’angelo nella nebbia [vedi fontana con statua di angelo])
- incendio; personaggi sfigurati che portano in viso, per tutta la vita, i segni del fuoco (Carax e Emmeline)
- la nebbia (in La tredicesima storia la bambina nella nebbia; in L’ombra del vento l’angelo nella nebbia)
- l’importanza della memoria

Si riscontrano altrettante analogie con La lettrice bugiarda, di B. Barry (tematica dei gemelli) e con Ritorno a Riverton, di K. Morton (ambientazione, periodo storico, tenuta, sorelle [di cui una peraltro si chiama Emmeline], storia d’amore…)

Nel romanzo ricorre la tematica della DECADENZA:
- la tenuta di Angelfield passa dallo splendore alla decadenza più totale
- idem dicasi per il giardino della tenuta
- personaggi malati e decadenti (vedi soprattutto Charlie, che vive nei suoi escrementi)
- personaggi che invecchiano fisicamente e mentalmente (vedi la domestica di Angelfield)

Altra tematica ricorrente è quella della PAZZIA:
Charlie (autolesionista, maniaco sessuale-violentatore, innamorato della sorella), Isabelle, Adeline ed Emmeline vivono in un mondo tutto loro. Sono pazzi VS Tata-scienziata, che cerca di riportare la casa e i suoi abitanti all’ordine originario. Alla fine, però, la pazzia prende il sopravvento anche su di lei (che dimostra di avere fissazioni e psicosi).

Si può dire che gli unici personaggi “normali” del romanzo siano: John The Digg e Mrs Love. Quest’ultima, in particolare, è un personaggio molto positivo (tutti i partecipanti dimostrano di apprezzare molto questa figura e ricordano con piacere la lettura del paragrafo “il tallone di Mrs Love”, in cui si narra l’arrivo di Aurelius nella vita di questa signora ormai anziana).
L’arrivo di Aurelius è una RINASCITA sia per Aurelius stesso, che ricomincia una vita con una madre (adottiva) che sarà capace di amarlo (Love) veramente, sia per la signora Love, che credeva ormai di dover raggiungere il marito e la sorella nell’aldilà, ma che invece ricomincia a vivere.

Si nota come la tredicesima storia, vale a dire la vera storia di Vida Winter, non sia altro che la storia di CENERENTOLA:
p. 406 “Non ci fu bisogno di un ballo…C’era una volta una fatina buona, ma tutte le altre volte non c’era…La zucca della ragazza [che è la madre di Vida Winter] non è altro che una zucca e a lei, dopo mezzanotte, tocca trascinarsi a casa a piedi e con le sottane insanguinate: violentata [da Charlie]. Domani alla porta non si presenterà nessun lacché con le scarpette di vaio…"
Come tutte le altre 12 storie, anche la tredicesima narra le asperità della vita umana, proponendole però in chiave favolistica (quasi a volerle edulcorare?).

Alla fine della storia capiamo come, in realtà, le gemelle non siano 2, ma 3.
Giorgio ritiene che le tre gemelle siano un chiaro riferimento a Freud: in particolare, esse rappresenterebbero l’IO, l’ES e il SUPERIO
IO: parte sentimentale-emozionale dell’uomo → Emmeline
ES: parte istintiva → Adeline
SUPERIO: razionalità → Vida Winter
Emmeline, Adeline e Vida rappresenterebbero quindi i tre diversi aspetti della natura umana.

Conclusioni e giudizio complessivo:
Molti partecipanti ritengono che troppi riferimenti espliciti ad altre opere (es. Jane Eyre) e analogie (più o meno volute) con altri romanzi siano sintomo di una personalità letteraria un po’ acerba e ancora in via di formazione VS Zafòn: ha una sua tecnica personale, non ha bisogno di attingere da altri grandi della letteratura. Ha creato qualcosa di altro e di diverso rispetto a quello che già esisteva nel panorama letterario.
In ogni caso, pressoché tutti i membri hanno apprezzato il modo di scrivere di Diane Setterfield, il cui romanzo è stato giudicato complessivamente in modo positivo (Berga, Silvia ed Elena: 8+; gli altri danno un giudizio che si aggira tra il 6 e il 7; Giulia e Francesca fanno notare come, a volte, l’autrice sia caduta nella banalità).

Re: VERBALI degli Incontri

Posted: 11/08/2010, 14:02
by Giulia
Verbale radatto da Costanza Perri (la mente)e Giulia Pasquali (il braccio)

Cesta, 19 Giugno 2010
Dodicesimo incontro

"Il Sergente nella Neve" di Mario Rigoni Stern
Libro proposto da Francesca Buraschi


Oggi, Sabato 19 Giugno, in quel di Cesta, presso casa Buraschi, a tre anni dalla nascita del circolo letterario Biblioté…sono presenti: il socio fondatore e relatore Francesca Buraschi, nonché i membri Cecilia Buraschi, Giulia Pasquali, Anna Vaccari, Elena Lavezzi, Chiara Bergamini, Elisabetta Savino, Giorgio Sacchi ed, infine, Costanza Perri. Accovacciato sotto il tavolino c’è anche il nostro dolce lupone, che “ne sa a pacchi”.
Partecipano come meri uditori Cecilia, Anna e Giorgio.

Diamo inizio alla discussione.

Francesca espone una breve introduzione per la contestualizzazione storica del testo. Siamo durante la 2° guerra mondiale, al tempo dell’invasione tedesca di Hitler nel territorio dell’Unione Sovietica. L’armata rossa adottò le medesima strategia applicata dal generale Kutuzon nell’800 contro l’esercito francese di Napoleone. Per i Tedeschi ed i loro alleati è la disfatta e la ritirata dagli impervi e gelidi territori russi fu devastante.
Leggiamo poi un brano tratto dal diario di un soldato italiano che aveva partecipato alla Campagna di Russia nell’800 al tempo di Napoleone. La descrizione di quell’esperienza presenta tratti molto simili alle parole usate da Rigoni nella propria opera.

Struttura del romanzo.
Il romanzo si suddivide in due parti fondamentali e distinte: “il caposaldo”, nella quale il passato tragico della 1° guerra mondiale ritorna alla memoria; questa parte è caratterizzata dalla staticità; al contrario, caratterizzata da dinamismo è la seconda parte, “la sacca”, nella quale viene descritta la tragica ritirata.
Numerosi sono i richiami al passato ma anche i rimandi al futuro in chiave anticipatoria. Da pag. 86 (ed.Einaudi), dalle parole “Da quell’alba non ricordo più in che ordine i fatti si siano susseguiti”, l’ordine cronologico dei fatti non viene più rispettato.
Lo stile impiegato è essenziale, mai sopra le righe, quasi si trattasse di una cronaca dei fatti di guerra raccontati senza pretese velleitarie. Vengono poi utilizzate espressioni, anche dialettali, con frequenza cadenziata.

Tematiche.
Come sopravvivere: il bisogno, la necessità di andare avanti. E’ possibile farlo mediante la metamorfosi (dell’uomo in animale: “ si trasformavano in muli…”; bestemmie; “passo lungo e felpato dei lupi”; “bisogna caricarsi come muli…”; hanno acquisito le abitudini degli animali) ossia la regressione dell’uomo in animale e da animale a minerale (“…come un sasso rotolato nel torrente”) ed infine da minerale in parte del paesaggio e della natura (“…i soldati sono neve e stelle!”). L’uomo si annulla in essa e nel gelo della neve. Nonostante questa metamorfosi, riemergono sentimenti umani. Pag. 30: “è proprio come uno di noi, chiama mamma…”; la guerra divide, ma sa anche, nel dolore, unire in una radice umana comune. E’ in tali circostanze che riemerge la capacità dell’uomo di rimanere uomo. Viva è la pietà del sergente Rigoni per i feriti. Ciò che può preservare l’uomo dal divenire animale è la fratellanza, l’umana pietà, il sentimento di solidarietà. A pag. 136 nel commento all’opera di Eraldo Affinati si trova una critica importante all’ingiustizia della storia, ma nel racconto, ci chiediamo, Rigoni vuole denunciare davvero i responsabili della tragedia? Ma forse dire qualcosa in più contro qualcuno qui non è necessario: l’indignazione, lo sgomento, la rabbia nascono spontanee nel lettore.
Per sopravvivere vi è chi poi esorcizza i momenti tragici della guerra rivivendo i momenti della vita reale nei sogni e nei racconti. Ci si immagina poi la vita, dopo la guerra, nella realtà quotidiana: è la speranza nel futuro.
Altro tema importante è quello del reduce di guerra (tema comune ad altre opere da noi letta al Bilbioté: La signora Dalloway, ma anche L’ombra del vento di Zafon), nonché quello della pazzia che colpisce chi di ritorno dalla guerra in realtà “non è mai tornato”, per l’incapacità di riadattarsi alla vita reale quotidiana.
L’identità di Rigoni si riduce al suo numero di matricola (cfr Primo Levi)
Ciclicità della storia ed ignoranza dell’uomo che sembra non aver nulla appreso dal passato per scongiurare gli errori commessi.
Successivamente, guardiamo al PC alcune immagini della campagna di Russia nel corso della 1° Guerra Mondiale.
Messo ai voti, il libro raggiunge la media dell’otto pieno.
Chiusa la discussione, viene scelta la prossima lettura: “Fratelli di Sangue”, di Gratteri.
Ora andiamo a mangiare. Buon appetito a tutti.

Re: VERBALI degli Incontri

Posted: 08/01/2011, 12:35
by Anna
Verbale redatto da Anna Vaccari

Ferrara, 3 ottobre 2010
Tredicesimo incontro

“Fratelli di sangue” di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso
Edizioni Piccola biblioteca Oscar Mondadori
Libro proposto da Costanza Perri

Partecipanti all’incontro: Costanza Perri, Francesca Buraschi (uditore), Giulia Pasquali, Anna Vaccari.


Costanza, la nostra ospite, apre l’incontro motivando la scelta del libro. Essendo calabresi le sue origini si sente legata alla Calabria e in più è anche molto interessata all’esperienza del magistrato Gratteri, che ritiene essere “il Falcone dei giorni nostri”.
Il libro è un saggio sulla ‘ndrangheta molto ben fatto, scritto in maniera scientifica, analitico, a carattere documentaristico, nel quale sono riportati con precisione i numeri, i nomi, i luoghi, le storie e gli affari della ‘ndrangheta, attingendo a fonti di letteratura precedente, documentazione storica e giudiziaria (processi, testimonianze di pentiti) di diversi periodi. Comincia con un capitolo introduttivo scritto dagli autori che spiegano la necessità di un aggiornamento alla prima edizione del 2006 data la serie di eventi e di nuove scoperte fatte negli ultimi due anni (si ricordi per esempio la strage di Duisburg), si chiude con il capitolo delle conclusioni ed è dotato di note al testo riportate in coda, contiene quattro appendici che riportano rispettivamente: la scala temporale dei processi per mafia celebrati in Calabria dal 1880 al 1906, una sorta di glossario con la terminologia propria della ‘ndrangheta (parte tratta integralmente dai rapporti giudiziari e dalle sentenze), un documento scoperto in un’abitazione nel 1975 e recapitato a uno degli autori da una cittadina del Vibonese nel 2005 (pubblicato e diffuso per la prima volta) in cui sono dettagliatamente descritti i riti della Società, la riproduzione del codice sequestrato nel 1987 nel covo di un superlatitante.
L’introduzione alla prima edizione fornisce suggerimenti preziosi per la lettura di questo saggio in cui gli autori Gratteri e Nicaso si prefiggono lo scopo di ricostruire nel tempo e nello spazio il fenomeno della ‘ndrangheta calabrese. Infatti il libro è strutturato in tre parti: la prima dedicata alla descrizione delle origini e delle cause storiche della ‘ndrangheta, la seconda al percorso di sviluppo dalle origini ai giorni nostri e la terza contiene le proiezioni future.
Mentre Cosa Nostra si presenta come la più grande e la più nota fra le mafie italiane, Camorra e ‘ndrangheta vengono sottovalutate nel pensiero comune, fondamentalmente a causa della mancanza di conoscenza che vi è riguardo a questi due fenomeni. Il motivo è da ricercarsi nella difficoltà di reperire informazioni, che è strettamente legata all’omertà caratterizzante gli ‘ndranghetisti e i loro simpatizzanti.
L’associazione è riuscita a infiltrarsi nella società civile (p. 12) “la ‘ndrangheta gode nei centri in cui opera di uno strisciante consenso diffuso che la rende ancora più forte. Il mafioso persegue il potere, ma gran parte del suo potere glielo danno gli altri” con la loro omertà. Un dato significativo è il numero di pentiti nettamente inferiore rispetto ai pentiti di mafia siciliana.
Costanza si dichiara però “delusa” dal libro, perché quello che si aspettava dal libro era una sorta di racconto più personale dell’esperienza del magistrato Gratteri e così ha cercato in quella direzione trovando e consigliandoci il seguente libro: “Storia di un giudice del far west della ‘ndrangheta” di F. Cascini. Cascini è diventato magistrato a 25 anni e svolge il primo incarico nella Locride, in questo libro racconta la sua esperienza in forma di romanzo.

L’elemento ricorrente del saggio e quindi della ‘ndrangheta è il sangue, che gode della carica simbolica forte della vita a della morte (si veda in particolare l’Appendice II): il sangue determina il vincolo tra i membri del locale (la struttura territoriale di base della ‘ndrangheta) infatti il rituale di affiliazione prevede il giuramento di sangue, le associazioni (locali, ‘ndrine) si basano sulle famiglie quindi il legame è parentale (di sangue), inoltre il sangue assume significato di morte in quanto il tradimento è punito con la morte violenta e con lo sfregio del corpo.
Inaspettatamente la ‘ndrangheta si rivela essere la più estesa, la più potente e la più crudele delle mafie. È dotata di una solida struttura gerarchica, basata su famiglie o gruppi di famiglie che detengono il controllo del territorio di origine e dei paesi limitrofi formando una fitta rete che invade completamente la regione. Si è dotata di un regolamento ferreo che comprende perfino una lista di categorie da escludere dalla società: lo Statuto sequestrato a Catanzaro prevede (p.78) “l’esclusione dei pederasti, dei mariti traditi, delle guardie di finanza, di città e carcerarie e dei carabinieri, e di coloro che non si siano vendicati della grave offesa dall’onore”.
La figura femminile è vista come indispensabile per tenere unita la famiglia. La donna è colei che custodisce la memoria e diventa il collante delle generazioni, è colei che trasmette di padre in figlio la cultura e le regole. Può avere ruoli dominanti solo se vestita da uomo e quindi prendere parte a furti e altri reati (p. 23), ma in generale non le è riconosciuto un livello di comando molto alto (non oltre il “santista” che al femminile diventa “sorella d’omertà”).
Paradossalmente la religione è parte caratterizzante del credo della ‘ndrangheta e dei suoi affiliati: sono estremamente osservanti e devoti cattolici, hanno mutuato gran parte dei loro rituali dai riti religiosi e come anche alcuni nomi di cariche della loro gerarchia, per esempio “la Santa”, il “santista”, “il Vangelo” (p. 70). Usano la religione come strumento per giustificare le loro efferate azioni e hanno proclamato San Michele Arcangelo protettore della ‘ndrangheta (p. 73), mentre l’arcangelo Gabriele rappresenta l’angelo Giustiziere ed è adottato come simbolo dei “locali” (p. 70).

La ‘ndrangheta ha sempre agito in silenzio, senza dare troppo scalpore con attentati o omicidi politici in modo da non richiamare su di sé l’attenzione dello Stato. Si è infiltrata ovunque, partendo dalla Calabria (capitoli 11-13) e diffondendosi poi in tutta Italia (capitolo 14), in Europa e nel mondo (capitolo 15), grazie alla sua capacità di controllare il territorio, le persone e la loro paura. Proprio sulla paura ha costruito la sua forza: la strategia è quella di prima spaventare la gente e poi offrire la protezione dalla paura che si è generata, quindi da loro stessi! Il metodo è lo stesso della religione e delle dittature. In fase di discussione è stato creato lo slogan che ben chiarisce il concetto: Produciamo paura e vendiamo sicurezza (da noi stessi).
Tutt’ora certe zone della Calabria, per esempio quelle dell’Aspromonte, risultano essere più pericolose di altre, come testimonia Costanza che in Calabria torna di frequente ospite dai parenti che vivono ancora là.
Ne emerge una terra difficile e sola, anche perché le infiltrazioni della ‘ndrangheta arrivano anche nelle Istituzioni locali e statali e nell’amministrazione pubblica, per via della collusione dei politici che magari lo sono anche inconsciamente.
Il discorso si sposta anche sulla questione prettamente italiana, del divario economico tra le Regioni e della necessità di investire sui giovani e sulle nuove generazioni, perché per sconfiggere un fenomeno così esteso e ben radicato è necessaria una sorta di rivoluzione culturale che tocchi la mentalità delle persone, non solo i calabresi, ma gli italiani tutti, perché ormai la mafia non è questione del Sud ma dell’intera Nazione. I figli dei boss e degli ‘ndraghetisti sono laureati e acculturati, non si deve pensare di trovarsi davanti a trogloditi ignoranti. Basti pensare che la ‘ndrangheta è partita da reati come lo sgarro e il pizzo, passando dai rapimenti e dalle confische che hanno consentito di accumulare la maggior parte del denaro, fino ad arrivare all’imprenditoria edilizia con base nel nord del Paese (Lombardia soprattutto) e alla ristorazione nel resto del mondo, controllando buona parte del traffico di droga mondiale con cartelli propri nell’America meridionale per un giro d’affari che raggiunge il PIL di una Nazione. Una così forte espansione è dovuta alla straordinaria capacità di adattamento dei calabresi (in generale, come conferma anche Costanza) anche in zone diverse dal quelle della loro origine, sono riusciti letteralmente a esportare i loro usi e le loro tradizioni in qualunque parte del mondo; sono perfino riusciti a sfruttare il carcere e il confino per allargare la loro rete di contatti.

Forse più di ogni altro libro affrontato per il circolo questo è quello che più ha colpito e segnato, proprio perché riguarda la nostra storia recente, la nostra vita attuale e riguarderà il nostro futuro prossimo. La discussione è stata concitata e appassionata, si è sviluppata in direzioni diverse spaziando tra i dati e gli eventi riferiti nel libro, l’esperienza personale di chi ha conosciuto i luoghi delle mafie, la politica passata e attuale. La lettura ha causato inquietudine, depressione, provocando anche incubi in certi casi (!), impotenza, stupore per l’ampiezza del fenomeno ‘ndragheta che è sembrato talmente grande e difficile da combattere che quasi viene da non condannare chi aderisce e chi è omertoso.
Sembra che non ci sia soluzione a questo cancro che inesorabile si espande nella società e nel mondo, fino alle ultime righe dell’ultima pagina quando gli autori danno la risposta a come combatterlo (p.256): “La voglia di riscatto, soprattutto quella delle nuove generazioni, non manca”, apre la speranza di “cambiare le cose, riappropriarsi di un libero futuro.” .

A fine discussione si annuncia il titolo del prossimo libro, scelto da Anna, sperando che ci tolga dall’angoscia generata da “Fratelli di sangue”.
“La figlia della fortuna” di Isabel Allende è la prossima lettura del Bibliotè.

Prima di buttarci sul delizioso banchetto a base di prodotti calabresi preparato da Costanza per l’occasione, guardiamo la registrazione della puntata del 5 settembre 2010 di “Presa diretta” (link: http://www.presadiretta.rai.it/dl/porta ... l?homepage). Nella quale si ritrovano molte delle informazioni riportate nel libro da Gratteri e Nicaso e soprattutto si vedono immagini e testimonianze molto utili per rendersi conto della vastità e pericolosità del fenomeno ‘drangheta.

Re: VERBALI degli Incontri

Posted: 01/05/2011, 17:55
by Elena
Verbale redatto da Elena Lavezzi
Ferrara, 9 Gennaio 2011
Quattordicesimo incontro

“La Figlia della Fortuna” di Isabel Allende
Libro proposto da Anna Vaccari


Partecipanti al circolo presenti: Anna Vaccari, Francesca Buraschi, Elena Lavezzi (uditore)

L’incontro si apre notando la carenza di partecipanti. Per diversi motivi il numero di presenti agli incontri al circolo va ogni volta calando. Si pensa quindi come soluzione di proporre un “ritorno alle origini”, ovvero un ritorno ai tre incontri annuali come si faceva inizialmente, in modo da rendere più semplice l’organizzazione degli incontri stessi e possibilmente più cospicuo il numero dei partecipanti.
La proposta viene successivamente fatta a tutti i membri del circolo attraverso il forum e viene accettata all’unanimità, anche se con dispiacere perché vista come una sconfitta. Gli incontri quindi vengono ripristinati nei mesi di Gennaio, Maggio e Settembre e si decide che tutte le decisioni organizzative d’ora in poi verranno prese attraverso il forum, quale primario luogo di incontro virtuale, per problemi dell’ultimo minuto verranno invece accettati sms al moderatore di turno.

Anna, la moderatrice di Gennaio, apre l’incontro facendo notare come il libro sia, in tutto e per tutto, molto ricco: di personaggi, di popoli di culture e razze diverse, di colori, profumi, sapori, animali; è come un grande mercato. É inoltre un intreccio tematico.
Il libro “La Figlia della Fortuna” (pubblicato nel 1999) è ideologicamente parte di una trilogia insieme a “La Casa degli Spiriti” (pubblicato nel 1983), e “Ritratto in Seppia” (pubblicato nel 2001). In ordine cronologico il primo della trilogia è proprio “La Figlia della Fortuna”, il secondo è “Ritratto in Seppia” e il terzo è “La Casa degli Spiriti”. Andrebbero quindi letti in questo ordine, dato che i personaggi e i loro figli e nipoti diventano poi personaggi nei libri successivi.

Grafico che unisce i tre libri:
Image


Viene notato da Francesca come la Allende abbia una “esplosione” di libri successivamente al 2001. Prima del 2001 scriveva in media un libro ogni due-tre anni. Dopo il 2001 pubblica in media un libro ogni anno. Questo secondo la nostra fondatrice si deve al fatto che probabilmente la Allende si è piegata ad una logica di mercato e di denaro.

I temi sono molteplici:

• Tema dell’Amore
Il tema dell’amore muove l’intera storia. Eliza Sommers “ragazzina piccola e minuta, con lineamenti delicati da disegno al tratto” si innamora di Joaquín Andieta, un giovane idealista che presto la abbandona per cercare fortuna in America. Lei, incinta di lui, idealizza questo primo amore adolescenziale, si mette sulle sue tracce per cercare di raggiungerlo. Eliza non è innamorata di Joaquín, ma questo lo scoprirà solo al termine della sua lunghissima avventura. Si è innamorata dell’amore, dell’idea che si è formata nella sua testa e che non la abbandona, anche perché lei ci si aggrappa fortissimo e se ne lascia ossessionare. Il suo è un desiderio acerbo, di ”pancia”. Il vero amore in realtà è quello per Tao, che la cura e la salva mentre perde il bambino di Joaquín, che la accompagna nel suo pellegrinaggio, che la sostiene e protegge.

Tao è “colui che ama”, prima la moglie Lin, morta precocemente, e poi Eliza, per tutta la vita. Da lei avrà i due figli Lynn e Lucky (personaggi di “Ritratto in Seppia”). Con Tao l’amore è forte e si sviluppa col tempo, tra i due c’è affinità mentale, desiderio fisico che passa anche attraverso l’olfatto (senso molto sviluppato in Eliza) sensazione di sicurezza e dedizione l’uno per l’altra.

Un altro tipo di amore è quello di Miss Rose per il tenore viennese Karl Bretzner, un amore molto passionale che la sconvolgerà e che non dimenticherà mai e dai cui ricordi attingerà per tutta la vita per scrivere i suoi romanzi erotici.

Amore non corrisposto invece è quello di Jacob Todd per Miss Rose.

• Tema del Viaggio
Il viaggio di Eliza principalmente ma anche di Tao, Jacob Todd, Joaquín, John Sommers, per quel che riguarda Eliza, viaggio significa anche crescita personale, sia fisica che intellettuale e di sviluppo della sua individualità come persona.

• Origini
Eliza ha origini incerte fino a quando non si scopre che è figlia di John Sommers. Il ritrovamento di Eliza davanti alla porta di casa di Miss Rose è molto simile ad altri romanzi di letteratura inglese, basti ricordare che la stessa cosa avviene ne “La Tredicesima Storia” (libro proposto da Giulia R.)

• Mosaico culturale/razziale
In America troviamo un insieme eterogeneo di persone provenienti da diversi continenti, ognuna delle quali porta con sé la propria cultura, le proprie tradizioni, anche culinarie.
Dall’Europa provengono i personaggi dei fratelli Sommers, di Jacob Todd, di Ebanizer Hobbes, Karl Bretzner, Joe Spaccaossa.
Dal Cile/America del Sud provengono Eliza, Mama Fresia, Paulina del Valle e marito, Joaquìn Andieta.
Dall’Asia proviene Tao Chi’en.

• Famiglia
La famiglia “normale” in questo libro non esiste, ci sono diversi tipi di famiglia che si formano, e sono tutte famiglie non convenzionali:
Famiglia Sommers: Tre fratelli, Eliza
La compagnia di Joe Spaccaossa
Eliza e Tao (coppia assolutamente fuori dagli schemi, evolvono insieme e si aprono alle reciproche differenze culturali)

• Medicina orientale (Tao Chi’en) e occidentale (Ebanizer Hobbs)

• Segreto
Il segreto di Eliza figlia di John Sommers (fino a quel momento creduto lo zio adottivo).

I romanzi erotici che scrive Miss Rose (che Joe stampava e che poi Eliza legge senza saperlo) e la sua relazione scandalosa col tenore sposato con figli. (Questi segreti sono condivisi da Miss Rose e da John Sommers. Jeremy, l’altro fratello, ne è all’oscuro)

Eliza che sbarcata in America si finge uomo.

Jacob Todd che finge di essere un predicatore per vendere Bibbie e trasferito in America diventa Jacob Freemont e da giornalista scrive storie inventate su Joaquín Murieta (ex Joaquín Andieta)

Paulina del Valle condivide inoltre con John Sommers il segreto sul trasporto di ghiaccio nelle sue navi. (Faceva scorta di ghiaccio, caricava la frutta a Valparaiso e la portava in California).

• Cambio di Identità e quindi di vita
Eliza arrivata in America si finge fratello muto di Tao, e successivamente cugina di Joaquín (con il nome di Eliàs Andieta).
Jacob Todd diventa Jacob Freemont in America e Joaquín Andieta diventa Joaquín Murieta (incognita: è lui Zorro?)

• Sesso
Ambiguità sessuale (Colombe di Joe Spaccaossa), e ambiguità di genere (Eliza che si finge fratello di Tao e poi cugino di Joaquín)

Sesso lussurioso di Miss Rose con il tenore, contrapposto al sesso immaturo e non appagante di Eliza con Joaquín.

Sesso come mercificazione della donna: le donne in questo libro o sono mogli o sono prostitute, di ogni nazionalità. (Secoli di storia non hanno cambiato niente, la donna rimane sempre una donna-oggetto.)

Sesso visto come cultura: “I Libri del Guanciale” che il maestro zhong yi dava da leggere a Tao, pretendendo che imparasse e riconoscesse dalle illustrazioni le 222 posizioni dell’Amore.

• Cucina/Cibo
Cilena (Mama Fresia insegna ad Eliza ricette cilene e lei le imparerà talmente bene che in “Ritratto in Seppia” aprirà una rinomata sala da tè.
Cinese (Tao Chi’en)
Inglese

• Religione
Protestanti inglesi, Animisti (Mama Fresia) Quaccheri, Cristiani (Jacob Todd)
Nei personaggi “buoni” c’è molta carità e solidarietà umana (Tao, Eliza, Joe Spaccaossa e le sue colombe, Azucena).

• Olfatto
Eliza ha un olfatto molto sviluppato. Secondo lei Jacob Todd profuma di candele, Tao sa di Mare.

• Magia
Mama Fresia e le sue ricette particolari, i suoi rituali magici.

Tao Chi’en (diventa uno “zhong yi”, un medico cinese) con le sue conoscenze in medicina, le sue erbe (probabilmente è più religione/filosofia orientale)

Eliza che si rende invisibile a suo piacimento.

• Innovazioni
Paulina del Valle (la prima vera imprenditrice) con le sue Vaporiere, il cibo surgelato.

I racconti erotici di Miss Rose, che daranno il via ai romanzi Rosa/letteratura erotica.

Jeans Levi’s che inizialmente erano utilizzati dai minatori d’oro per la loro resistenza e poi diventeranno il capo casual d’eccellenza.

Altre riflessioni:
Il 1839 è il momento in cui la Cina si apre all’Occidente grazie alla Guerra dell’Oppio. La Cina fino a quel momento era molto chiusa e non aveva contatti con L’occidente. Grazie all’oppio (illegale) introdotto dagli Inglesi, si scatena il commercio. Si scatenano inoltre anche le migrazioni di cinesi verso gli altri continenti che a loro volta parteciperanno poi alla corsa all’oro una decina di anni dopo. Nel 1849 si svolge la corsa all’oro in California.

IMMAGINE MANIFESTO

Questo libro, molto preciso nella ricostruzione storica degli avvenimenti è anche molto ricco di conoscenze scientifiche (la Allende deve aver fatto moltissime ricerche). Francesca sottolinea che “La casa degli Spiriti” al contrario, è sospeso nello spazio e nel tempo, e la magia ha un ruolo molto importante in esso.
Lo stile è coinvolgente, puntuale, gli aggettivi sono mirati, gli accostamenti sensoriali fanno immaginare perfettamente la scena descritta; le descrizioni sono molto dettagliate senza essere mai noiose.

Conclusioni:
Voto 9 per lo stile della Allende.
Voto 8, 8 e ½ per il libro.

La discussione si chiude con un’ultima domanda: nell’ampolla di vetro ci sarà la testa di Joaquín?? Sembrerebbe di sì parchè Eliza dice: “Adesso sono libera...”

SPOILER!!!
SCRIVO IN AZZURRINO, SE VOLETE LEGGERE SE ERA O NO LA TESTA DI JOAQUIN SOTTOLINEATE IL TESTO SEGUENTE:


Se leggiamo “Ritratto in Seppia” scopriamo che: “[...]Lei (Eliza) si era piantata davanti all’ampolla di vetro che conteneva la testa del presunto criminale e lo aveva guardato impassibile, come se si trattasse di un cavolo marinato, fino a quando non era stata ben sicura che non si trattava dell’uomo che aveva inseguito per anni. In realtà, la sua identità non aveva importanza, perché nel corso del lungo viaggio sulle tracce di una storia d’amore impossibile, Eliza aveva conquistato un bene prezioso quanto l’amore: la libertà. “Adesso sono libera...” fu tutto quel che disse davanti alla testa. Tao Chi’en comprese che finalmente si era sbarazzata dell’antico amante, che per lei non faceva nessuna differenza che fosse morto o stesse cercando l’oro nelle falde della Sierra Nevada; in ogni caso non l’avrebbe più cercato e se l’uomo un bel giorno fosse ricomparso, sarebbe stata in grado di vederlo nella sua dimensione reale.” (da “Ritratto in Seppia” pag. 50)

A fine discussione Giorgio ci porta i titoli del prossimo libro da leggere: “Il signore delle Mosche” di William Golding.

Re: VERBALI degli Incontri

Posted: 25/06/2011, 21:41
by Cecilia
Verbale redatto da Cecilia Buraschi
Ferrara, 15 maggio 2011
Quindicesimo incontro


“Il Signore delle Mosche” di William Golding
Libro proposto da Giorgio Sacchi

Partecipanti al circolo presenti: Cecilia Buraschi, Francesca Buraschi, Silvia Callegari, Laura Facchini, Elena Lavezzi, Giulia Pasquali, Giorgio Sacchi, Anna Vaccari.

Inizialmente viene inquadrato il periodo storico in cui l’opera è ambientata. Dagli indizi estrapolati dalla lettura, si è dedotto che i ragazzi inglesi protagonisti della storia sono gli unici sopravvissuti ad un incidente aereo avvenuto durante un conflitto planetario e dal momento che il romanzo è stato scritto nel 1952, si è convenuti sul fatto che l’autore alluda alla seconda guerra mondiale.

Il libro è suddiviso in tre parti:

1. Prima parte: “Fiducia nel futuro”.
I bambini sono certi che in un futuro prossimo i grandi verranno a salvarli. Innanzi tutto essi stabiliscono un certo numero di regole che li rendono parte di una società autocostituita. Il paesaggio che li circonda è descritto in maniera positiva e il cibo sull’isola risulta essere abbondante. I ragazzini vivono intensamente la giornata e sono eccitati al pensiero di essere i protagonisti di una nuova avventura. Niente li terrorizza e gli ostacoli che incontrano vengono facilmente superati (si pensi all’accensione del fuoco tramite gli occhiali di Piggy o alla diarrea che colpisce alcuni bambini che non viene nemmeno percepita come un disagio/malessere). Nonostante questo clima di serena felicità, si inizia a intuire che gli equilibri iniziali si stanno compromettendo.

2.Seconda parte: “La crisi”.
L’iniziale fase idilliaca entra lentamente in crisi. Il bambino che sosteneva l’esistenza della bestia sull’isola scompare misteriosamente. I cacciatori iniziano a ribellarsi al comando di Ralph e Jack, che rappresenta il loro punto di riferimento, riesce ad ammazzare per la prima volta una preda durante una battuta di caccia. Questo evento rende il ragazzino conscio delle sue abilità fisiche. Si assiste inoltre alla prima morte. Il ritmo narrativo subisce un brusco rallentamento e costituisce una spia dell’imminente tracollo della vicenda.

3.Terza parte: “La totale anarchia”.
Totale anarchia perché non solo vengono meno le regole della piccola società autocostituita, ma anche l’istinto di autoconservazione tipico della natura umana.
Le inamicizie, le violenze e le ingiustizie che si erano palesate nella seconda parte del libro vengono qui portate all’estremo. I bambini perdono qualsiasi forma di innocenza e diventano come bestie a caccia di prede. L’uccisione di Piggy rende agghiacciante la situazione che sembra ormai giunta ad un punto di non ritorno: il lettore viene destabilizzato dalla ferocia con cui, nonostante il tragico evento, i bambini continuino a “cacciare” con selvaggia aggressività Ralph.
Il libro si conclude con un intervento esterno quasi inaspettato. Il fumo proveniente dall’isola attira l’attenzione di un gruppo di adulti, la cui imbarcazione stava transitando nelle vicinanze. Essi giungono sull’isola per rispondere al segnale d’aiuto e la prospettiva della narrazione passa così dalla parte dei “grandi”. E’ spiazzante vedere come il dramma vissuto da Ralph fino ad un istante prima venga sdrammatizzato dalla reazione che gli adulti hanno alla vista dei bambini: “ <<Ve la spassate>> disse l’ufficiale”. E’ come se all’improvviso l’incubo che si stava concretizzando sull’isola si arrestasse e i bambini tornassero innocenti, privi di qualsiasi malvagità e colpa. E nessuno menziona le atrocità vissute/compiute, nemmeno Ralph accenna alla sua imminente fatalità.

Dopo aver descritto la struttura del libro, si sono affrontate diverse tematiche.

> Suono dei nomi e personalità dei soggetti: Jack vs Ralph.
Mettendo a confronto i nomi dei due grandi rivali del racconto, è curioso osservare come il loro suono sia strettamente legato alla personalità del soggetto.
Il nome Jack ha un suono secco che rappresenta la violenza, l’istinto animale.
Il nome Ralph ha un suono, invece, dolce e aperto: il bambino viene identificato di fatto con la civiltà.
Curiosità: passando dalla versione originale inglese del romanzo a quella italiana, molti nomi di bambini risultano tradotti in italiano (Roger -> Ruggero, Simon -> Simone).

> Riflessioni su Ralph.
Alla domanda “Ralph è buono?” i pareri sono molteplici: Ralph è considerato razionale ma non buono perché solo alla fine inquadra veramente la situazione, nonostante i preavvisi di Piggy; c’è chi sostiene che sia buono in quanto ucciderebbe solo per difendersi e chi pensa che non sia affatto malvagio e, in realtà, non così forte come sembra.
Il percorso psicologico di Ralph è un anticlimax in quanto egli passa da avere una personalità sicura e forte, dimostrata all’inizio del racconto (Ralph come leader della società), ad una insicura e debole, quando cerca di scappare nella lotta finale di “tutti contro uno”. Non solo si assiste ad un indebolimento psicologico del bambino, ma anche ad una regressione ad uno stato più infantile. Si pensi, ad esempio, al fatto che alla fine trascuri completamente la necessità di alimentare il fuoco e alle risposte che dà agli adulti quando giungono sull’isola. La regressione mentale di Ralph è testimoniata dal fatto che egli, durante la sua caccia, non è consapevole del fatto che gli altri vogliono la sua morte (nonostante abbia già assistito a due uccisioni).

> Tema cardine del libro: l’accusa alla società.
Golding utilizza diversi elementi spia del collegamento tra la “fiaba al rovescio” del “Signore delle mosche” e la realtà: il conflitto planetario dal quale stavano scappando i bambini e la guerra mondiale, l’incendio che si sviluppa sull’isola e la bomba atomica, le maschere utilizzate dai cacciatori e le divise dei soldati. Attraverso il romanzo, l’autore compie una lettura della società descrivendo ciò che l’uomo fa quando è lasciato a se stesso: i bambini protagonisti del racconto subiscono nel corso della storia una regressione a livello sia sociale che psicologico (rappresentata dalla perdita di memoria). Come esempio di questa involuzione si pensi ai cacciatori che passano da essere parte di un coro, all’arrivo sull’isola, a componenti di un branco alla fine (trasformazione da uomo a bestia). Il messaggio dell’autore è, quindi, la perdita dell’umanità dell’uomo in guerra e tale convinzione testimonia una grande sfiducia nell’uomo e un’accusa alla società (la cattiveria mostrata dai bambini nel voler uccidere, tra i maiali avvistati durante una caccia, la mamma simboleggia l’istinto che spinge l’uomo in guerra ad uccidere qualsiasi individuo). In realtà, il messaggio di Golding è ancora più pessimistico perché non si limita al comportamento dell’uomo in guerra. Infatti la scelta di utilizzare dei bambini come protagonisti sottolinea il fatto che il male è insito nell’uomo fin dal principio: il germe della cattiveria è proprio anche dei bambini. Lo scheletro del paracadutista viene erroneamente identificato con il simbolo del male dai bambini quando invece rappresenta una riprova del fatto che la malvagità sull’isola è dovuta solo a fatti interni (ai bambini)
L’ideologia cristiana sostiene che il male è nell’uomo finché esso non viene tolto (attraverso il sacramento del battesimo). Qui, invece, l’intervento esterno di “salvataggio” non è paragonabile a quello divino di salvezza: alla fine gli adulti salvano i bambini dal punto di vista fisico, non morale.

> Il libro è…
- angosciante: i soggetti del racconto si definiscono sempre inglesi, cioè “evoluti”. Nonostante questa convinzione e le regole che sono state imposte, l’epilogo della storia è tragico. Ciò significa che il male nell’uomo prima o poi emerge inevitabilmente.
Curiosità: i bambini hanno comunque delle buone conoscenze di base in termini di “metodi per la sopravvivenza” (sanno occuparsi della pulizia e della cottura del maiale, costruiscono capanne, sanno accendere il fuoco…)
- irritante: irrita il fatto che nessuno si ribelli alla crudeltà di Jack, nonostante buona parte di essi abbia precedentemente seguito come leader Ralph.

> Simone e il Signore delle mosche (la testa di maiale).
La testa di maiale è un totem e non viene venerato. Una volta sistemata sul tronco di legno viene come dimenticata dai bambini. Ha più che altro importanza per il lettore che per i protagonisti del romanzo.
Simone soffre di una malattia che veniva considerata “il male del diavolo”: l’epilessia. E’ interessante osservare come Simone sia l’unico che parli con il Signore delle mosche e questa “conversazione” simboleggia il dialogo con la natura umana: Simone esternalizza qualcosa che ha dentro e si domanda se non sono i bambini stessi ad essere il male sull’isola. Egli era anche l’unico sull’isola ad essersi reso conto che il paracadutista era un cadavere, a testimonianza del fatto che aveva smascherato il simbolo del male fasullo e si era avvicinato alla realtà (bambini = male). La testa di maiale è un tentativo di esorcizzare il male attraverso qualcosa di fisso e visivo.
Curiosità: Il titolo “Il Signore delle mosche” fu suggerito da T.S.Eliot.

>Le uccisioni: Simone e Piggy.
Simone e Piggy hanno entrambi problemi di salute e risultano essere i più vicini alla realtà. Sono quindi i più consapevoli e coscienti e per questo rappresentano il campanello di allarme della società che viene taciuto. Sono infatti gli unici (a parte Ralph) a cui è balenato in testa un dubbio in merito alla tragicità dell’evolversi dei fatti.

> Indefinitezza del contesto/durata del racconto.
Ci si è interrogati sul contesto e sulla durata della storia ma l’autore ha volutamente lasciato indefiniti i confini temporali e fisici (escludendo ovviamente la descrizione dell’isola) del romanzo. Si pensa che a grandi linee il racconto duri una decina di mesi. Dal punto di vista concettuale la durata del racconto è pari ad un’epoca storica, alla vita di una società.
Alcuni sostengono che l’indefinitezza dei particolari sia voluta dall’autore per concentrare il lettore su altro; altri pensano che sia utilizzata per rappresentare il disorientamento e rendere il ritmo narrativo più affine al modo di vivere le situazioni con gli occhi dei bambini.

> L’influenza delle condizioni esterne.
Ci si è chiesti se è possibile giustificare il comportamento crudele dei bambini con la situazione estrema nella quale vivono. Ci si è interrogati sul fatto che il caos sia stato dettato dalla libertà o dall’ambiente ostile. C’è chi sostiene che inizialmente i bambini abbiano cercato di emulare gli adulti e che, avendo fallito in ciò, il male abbia preso il sopravvento e si sia acutizzato a causa delle condizioni sociali estreme obbligate, ovvero dall’assenza di adulti sull’isola e di regole rispettate, non dall’ambiente ostile.

> Riferimenti alla religione.
Sono stati trovati dei collegamenti simbolici con la religione quali il serpente (la bestia), il Paradiso (il luogo ameno rappresentato dall’isola all’inizio del racconto) e il Diavolo (il nome ebraico del diavolo è “il signore delle mosche”).

> Caratteristiche del gruppo protagonista del racconto.
Si è notato che il gruppo di bambini è molto uniforme dal momento che essi hanno a grandi linee la stessa età, sono tutti inglesi e di sesso maschile. Si pensa che questa scelta sia stata fatta appositamente per non avere nessuna differenza tra i personaggi e sottolineare perciò che non sono le disparità sociali il motivo alla base del caos creato.

I partecipanti all’incontro hanno successivamente espresso un giudizio in merito al libro, attraverso un voto:
- Francesca: 8
- Laura: 6.5
- Cecilia: 7.5
- Giulia: 7.5
- Silvia: 7.5
- Elena: 7.5
- Anna: 7.5
- Giorgio: 8

Infine Cecilia ha annunciato il titolo del libro oggetto del prossimo incontro: “L’altra verità. Diario di una diversa” di Alda Merini.

Re: VERBALI degli Incontri

Posted: 13/02/2012, 14:26
by Giorgio
Verbale redatto (in teoria) da Giorgio Sacchi

Cesta, 17/09/2011, casa Buraschi
Sedicesimo incontro

L'altra verità. Diario di una diversa
Libro proposto da Cecilia Buraschi

Partecipanti: Cecilia Buraschi, Francesca Buraschi, Elena Lavezzi, Costanza Perri, Anna Vaccari, Elisabetta Savino, Laura Facchini, Giorgio Sacchi

Causa estrema imperizia dell'incaricato al verbale, gli appunti di questo incontro sono andati perduti e pertanto non ci è pervenuta la cronaca dell'incontro.

Re: VERBALI degli Incontri

Posted: 13/02/2012, 14:28
by Giorgio
Verbale redatto da Giorgio Sacchi, a parziale espiazione dell'incontro precedente

Ravalle, 15/01/2012, casa di Elena
Diciasettesimo incontro

La custode di mia sorella
Libro proposto da Elena Lavezzi

Partecipanti: Elena Lavezzi, Francesca Buraschi, Cecilia Buraschi, Giulia Pasquali, Anna Vaccari, Giorgio Sacchi
Uditori: Fabio
Note: Giorgio ha letto il libro in lingua originale.

Elena, in veste di moderatrice dell’incontro odierno introduce la discussione facendo un breve riassunto del libro a beneficio di Fabio, che non lo ha letto e che sa solo marginalmente di cosa tratta.
Vengono quindi affrontati alcune relazioni-chiave all’interno del romanzo: il rapporto tra le sorelle (Kate, sorella malata e Anna, sorella donatrice); il rapporto tra la madre e Anna; il rapporto tra la madre e Kate.
È emerso che il rapporto all’apparenza più conflittuale per chi si approccia al libro (e suggerito dall’azzeccatissimo titolo, a detta di Fabio), quello tra le sorelle, non sia così tormentato, ma bensì più di totale dipendenza dell’una dall’altra: Elena, nella sua introduzione, afferma che Anna stessa, in lotta per la sua emancipazione, in realtà non riesce praticamente mai a pensarsi se non in funzione della propria sorella. Realtà confermata ulteriormente secondo Giorgio dal primo “colpo di scena”, all’ammissione del processo che l’intera azione è stata portata avanti su espressa richiesta di Kate e solo in parte coadiuvata dal desiderio di Anna di una vita normale. Cecilia conferma dicendo che le risulta difficile scindere una personalità dall’altra, ma al contempo critica la scelta dell’autrice di soffermarsi molto, a suo avviso in modo esasperato, su i particolari di questa vicenda. In questo modo un tema così profondo rischia di essere banalizzato, ridotto quasi a livello di soap opera. Francesca aggiunge che non solo le due protagoniste della vicenda, ma tutti i personaggi le sono sembrati un po’ banalizzati, e fa notare che nel film tratto dal romanzo questa pecca è ancora più accentuata.

Si è passato quindi ad analizzare la figura della madre e il suo rapporto con le figlie. Il giudizio emerso sul personaggio è sostanzialmente negativo, sia nel suo essere sia nel suo agire (Elena: “Io odio Sara!”): secondo Anna (Vaccari, ndv.) il suo rapporto con Kate sfocia praticamente nella follia. Queste opinioni sono sostanzialmente condivise da tutti i partecipanti, con la sola eccezione di Francesca, che in parte difende la madre: non si sente di condannarla totalmente perché comprende che una madre, a fronte di un figlio in seria difficoltà, farebbe qualsiasi cosa per il suo bene, più o meno lecita, più o meno moralmente corretta, addirittura programmare la nascita di un altro figlio per il suo beneficio. Francesca tiene a precisare che non sta mettendo in discussione né l’eticità né il giudizio ovviamente negativo di un’azione del genere, solamente ne capisce la provenienza. Giorgio in parte è d’accordo: astraendo il concetto dalla vicenda (allo stato attuale delle cose la possibilità come quella proposta nel romanzo di ricorrere all’eugenetica non è assolutamente prevista), l’idea di generare un figlio per salvarne un altro può essere orribile, ma cosa scatti nella mente di un genitore in una situazione tale è forse comprensibile solo da un altro genitore. Non riesce perciò a dare una soluzione a uno dei diversi conflitti morali introdotti nel romanzo.

Una breve parentesi viene quindi dedicata agli altri personaggi: il fratello maggiore, un escluso che cerca in ogni modo di attirare parte dell’attenzione su di sé, viene bocciato da alcuni (Francesca: “Jesse e n’ebete”) e in parte rivalutato da altri, ma tutti i partecipanti concordano con Giulia quando afferma che forse è il personaggio meno riuscito all’autrice.
Sorte non molto differente è quella del padre, che a detta di Anna (V.) è in tutto e per tutto uno smidollato incapace di reggere la tensione della settimana precedente al processo. Altri concordano e sembra che l’autrice stessa faccia ammettere al personaggio la sua debolezza, chiamata in alcuni punti addirittura codardia, quando preferisce affrontare le emergenze del suo lavoro di vigile del fuoco (mestiere tutt’altro che casuale) a quelle presenti a casa. Giorgio tuttavia non si sente di condannarlo appieno, avendo percepito quel personaggio come perso, traballante piuttosto che inconsistente.
Campbell, Giulia sono stati brevemente considerati, sia in virtù del loro ruolo minore nella vicenda sia per la caratteristica abbastanza comune in tutti i personaggi già citata in precedenza: la loro caratterizzazione è quasi esclusivamente funzionale al ruolo ben definito che ricoprono, quindi mancano in certi punti di spessore e verosimiglianza. Anche Campbell, nonostante l’apparente evoluzione, non cambia: semplicemente non riesce più a nascondere i suoi segreti attraverso la sua facciata di “squalo”.

Contemporaneamente ai personaggi, sono state analizzate anche le tematiche. Quella che emerge più prepotentemente, e quella che ha destato le maggiori discussioni, riguarda il libero arbitrio, riassunto efficacemente nel prologo stesso. Buona parte dei partecipanti si schiera a favore dell’autodeterminazione, un concetto ben riassunto da Cecilia quando afferma che anche un’azione nobile come il donare il proprio sangue, il proprio midollo o un rene acquisisce un’accezione fortemente negativa quando non è frutto di libera scelta ma viene dato come obbligo morale. Tuttavia, Francesca offre un’originale chiave di lettura che si discosta dalla prima: prendendo spunto da Anna (personaggio) vede una sorta di conforto ad essere nata e vivere con uno scopo ben preciso, rappresentando un’eccezione a quello che normalmente viene considerato uno dei quesiti fondamentali dell’esistenzialismo. Ad esso fanno seguito i temi correlati del libero arbitrio in relazione alla conservazione dei diritti fondamentali della persona, della famiglia e dei suoi rapporti interni, dell’amore e delle sue aberrazioni, tema già affrontato in altri incontri ma mai in chiave parentale.

Ultima parte della discussione, breve per motivi di tempo, ha riguardato lo stile utilizzato dalla scrittrice e la scelta piuttosto originale di una struttura corale del romanzo. Se a detta praticamente di tutti ciò ha aiutato modo molto efficace a rendere il conflitto straziante alla base della vicenda, a parere di alcuni un uso eccessivo di questo espediente ha talvolta rischiato di sortire l’effetto opposto. L’avvicendarsi di alcune storie di contorno, essenzialmente d’amore, sono piaciute ad alcuni proprio per la loro azione di alleviare l’atmosfera fin troppo grave, mentre sono risultate sgradite ad altri (è stato richiesto di mettere a verbale una dichiarazione di Silvia, per la quale la storia d’amore tra Campbell e Giulia è un’offesa al libro). Il libro è parso quasi “cinematografico”, tanto che è spesso emerso il termine sceneggiatura durante la discussione, ma presenta a detta di tutti diverse livelli interpretativi, che Elena fa notare al resto del gruppo proprio per aver iniziato una seconda lettura del romanzo. Emblematico in questo senso il trafiletto iniziale, che dopo una lettura del libro assume un significato e un contesto tutto nuovo. Non mancano tuttavia le critiche: a detta di Giulia ed Anna (V.) proprio lo stile espositivo rimane troppo superficiale, concetto sottolineato da Francesca, la quale pur apprezzando la tematica trattata ha trovato troppo “facile” il metodo scelto per un argomento così delicato.

Si passa infine a dare delle valutazioni di gradimento del libro, ognuna delle quali brevemente motivate. Per brevità e in ricordo di passati (trapassati, ormai n.d.v.) periodi scolastici si è scelto di affiancare un voto da 1 a 10.
  • Francesca: 7 La tematica si è rivelata molto interessante e mi ha dato molto da riflettere, nonostante una certa confusione iniziale e alcune parti decisamente scontate. La lettura non è stata difficile, molto scorrevole e nel complesso “piacevole”.
  • Giorgio: 6 forse perché letto in lingua originale, ho apprezzato molto lo stile narrativo. Molto bello, anche se angosciante, la tensione dialettica dentro alla maggior parte dei personaggi, i loro dubbi e la loro incapacità molto realistica di risolverli. Estremamente deludente la conclusione, che ha “beautifulizzato” quanto di buono era stato scritto nelle pagine precedenti (la locuzione letteraria utilizzata in sede di discussione, in stretto gergo degli esperti del settore, è stata “Majal, ac cazàda!!!”)
  • Cecilia 7: la tematica difficile mi ha tenuta incollata al libro, assieme al modo molto ben riuscito di una struttura non convenzionale del romanzo. A fronte di ciò, l’esposizione è troppo leggera, cosa che stona non poco con l’argomento trattato. Il finale poi è da film!
  • Elena 7: La contrapposizione stile narrativo semplice/tematica pesante è per me invece un pregio del libro, in un certo senso si bilanciano e garantiscono una lettura fluida e una trasmissione efficace dei messaggi e delle sensazioni emotive, spesso più primitive e per questo più profonde. Anche per me il finale non è molto azzeccato (Che sfiga! Una vita di m.....!)
  • Giulia 7: Sono d’accordo con Cecilia nell’apprezzamento dei temi trattati e della struttura narrativa a più voci, mentre non mi ha convinto lo stile, vuoto e tendente all’autorefenzialità. Insomma, un bell’esercizio senza però una conclusione.
  • Anna 5: Il mio giudizio nasce dal semplice fatto che il romanzo non ha uno sviluppo convincente: belli anche se terribili gli argomenti, ma non altrettanto buono il modo con cui sono stati trattati.
Al termine della discussione sono stati letti i titoli proposti per l’incontro di maggio e si è dato il via alla parte più “conviviale” degli incontri di bilbiotè.

Re: VERBALI degli Incontri

Posted: 29/09/2012, 15:44
by Betta
Piccole storie senza morale
Alfred Polgar


PARTECIPANTI
Anna, Elena, Laura, Silvia, Betta, Giorgio

CONTENUTI
Raccolta di racconti non selezionati dall’autore.

I principali temi trattati sono la filosofia, il teatro, la musica e le arti in generale, la medicina, i rapporti di coppia e intrafamiliari, la vita quotidiana, la guerra (cap. 11, pag 400). Una sezione è dedicata a ritratti di personaggi illustri contemporanei all’autore (probabilmente la più ostica alla lettura).

Si avvertono una amarezza costante, un pessimismo di fondo nella società; anche i bambini appaiono disillusi (p. 37) e la solitudine dei personaggi è spesso apertamente denunciata.

Nei vari racconti si delineano alcune contrapposizioni tra i personaggi: per esempio tra chi è colto e chi non è istruito o tra chi ha morale e chi no.

Il filo conduttore, presente più o meno manifestamente nei racconti, è il discorso sulla Morale e sulla Verità. La Verità spesso inganna, tanto che gli uomini vengono descritti come indifferenti o incapaci di comprenderla. La Verità cessa di essere un valore assoluto e diventa un concetto strumentalizzato da coloro che dichiarano di possederla. Il tema del teatro forse è la metafora che Polgar usa per spiegare il proprio concetto di Verità: l’attore imita, la messa in scena è una realtà apparente.
Cosa è la Verità? Corrisponde alla Morale del titolo? Cosa è la Morale? Forse il giudizio sulla vita, su come viverla...È un concetto assoluto o, come la Verità si è relativizzata? Forse per Polgar la Morale non è un insieme di valori eterni, ma si riferisce a quelle regole comunemente accettate e stabilite in un determinato ambiente in un determinato tempo. E da idée fixe diventa idée flexible.

STILE
Lo stile viene definito impeccabile, complesso. L’abilità nell’uso del linguaggio e delle espressioni permette al lettore letteralmente di perdersi nelle parole, che sembrano minuziosamente scelte, associate e disposte nel testo. Ne I grandi boulevards, per esempio, la punteggiatura quasi sparisce come le tracce delle auto sotto la pioggia.

La traduzione, sebbene molto complessa, appare di buon livello essendo capace di restituire alcune tra le figure retoriche più belle del libro. Alcuni esempi di incroci e parallelismi si trovano nei racconti: Pallemberg, Hemingway, Si vede Venezia, Cinema nel mare (“la vita in fiamme, brucia la vita”, “misera provincia, provincia della miseria”).

L’autore si pone su un piano superiore rispetto ai personaggi che racconta e al lettore, sembra volere insegnare qualcosa, magari a piccole dosi, lasciando tracce tra le righe piuttosto che affermazioni alla fine di ciascun racconto (come nei racconti della classicità greca e latina).

Tra le righe possiamo avvertire l’influsso della Vienna dell’epoca, crocevia culturale, sociale, economico e politico.

GIUDIZIO COMPLESIVO MEDIO: 7.5
PROSSIMO LIBRO: Due di Irène Némiroswky

Re: VERBALI degli Incontri

Posted: 03/03/2013, 19:23
by Silvia
Verbale redatto da Silvia Callegari:

Diciannovesimo incontro

Ferrara, 30 settembre 2012

"Due” di Irène Némirovsky

Libro proposto da Giulia

Partecipanti al circolo presenti: Betta, Giulia, Elena, Costanza, Silvia, Francesca, Giorgio, Anna.

Irène Némirovski ci offre, in questo libro, uno spaccato della borghesia degli immediatamente successivi alla Grande Guerra. L'autrice ci invita a seguire la crescita personale di una giovane coppia e della loro compagnia di amici.
Percorrendo le pagine del libro, vediamo i protagonisti, Antoine e Marianne, dapprima amanti, poi fidanzati ed, infine, coniugi, attraversare gli “stadi dell'amore”, dall'immaturo, fuggevole e passionale sentimento tipico dell'adolescenza, sino all'affetto complice del matrimonio dal quale, tuttavia, entrambi tentano di trovare una distrazione. Passione e affetto sembrano contrapporsi, nelle pagine della Némirovsky, come la felicità, assoluta ma momentanea, e la serenità, meno travolgente, ma solida e durevole.
È appunto sull'interpretazione dell'evoluzione del sentimento che lega i protagonisti che si focalizza l'attenzione del gruppo: a chi legge nella trasformazione della passione in affetto coniugale e nei tradimenti reciproci dei protagonisti una visione pessimistica della realtà inevitabilmente segnata dal periodo storico di ambientazione, si contrappone chi, come Betta, vi vede, invece, un sincero realismo. Anche Costanza rileva l'aspetto positivo messo in luce dall'autrice nell'affetto che lega i due coniugi; Giulia sottolinea come la vera felicità sia solo momentanea e sia dunque necessario raggiungere la serenità.
L'oggetto della discussione si sposta, quindi, sul personaggio di Antoine, per il quale la rinuncia alla libertà e allo svago coincide con la presa di coscienza della precarietà dell'esistenza (segnata, in particolare, dal ricovero dell'amica Solange in clinica). La decisione di sposare Marianne sembra segnare una definitiva frattura con la libertà e l'incoscienza della gioventù: la necessità di farsi carico della famiglia, non potendo più contare sulle ricchezze della famiglia di origine, è un peso quasi insostenibile per Antoine che vive una sorta di doppia vita. Durante il giorno uomo responsabile, di notte uomo dissoluto che, nonostante l'impegno coniugale, tradisce la consorte con la sorella Evelyne. Ci si interroga a questo punto sul significato dell'amore di Antoine per Evelyne: è l'unico “amore vero” della storia, ostacolato dalle convenzioni del tempo, o altro non è che il riflesso dell'antico amore provato per Marianne, ormai trasformata dal matrimonio e dalla maternità?
Il gruppo si trova concorde nell'affermare l'estrema attualità del comportamento di Antoine: ancor oggi vi è troppo spesso la spasmodica ricerca di una felicità “a tutti i costi e senza sforzi”.
Anna sottolinea come l'immagine finale del libro sia caratterizzata da un'estrema dolcezza: i protagonisti ritrovano nei rituali del matrimonio, simboleggiati, soprattutto, dall'incontro nel letto coniugale, l'appagamento e la pace interiore che hanno a lungo cercato. L'amore coniugale di Antoine e Marianne cresce anche contro la loro stessa volontà.
La riflessione sul libro si chiude con un interrogativo: Antoine avrebbe raggiunto lo stesso senso di appagamento con qualunque altra persona, in quanto il sentimento che lo lega a Marianne è frutto dell'esperienza o Marianne è davvero la sua “anima gemella”?

Struttura e stile di scrittura: il romanzo si apre in modo corale per poi proseguire focalizzando l'attenzione del lettore su ogni singolo personaggio sino ad arrivare, sul finale, all'unione di Antoine e Marianne. In proposito, ci si sofferma sul significato del titolo: “due” indica la coppia (e nel libro ne incontriamo molte: Antoine-Marianne, Antoine-Evelyne,..) ma al tempo stesso “divide”.
Lo stile di scrittura è moderno e ricercato. La fine di ogni capitolo è, in realtà, inserita nell'inizio del capitolo successivo con una tecnica che invoglia il lettore a proseguire nella lettura. Il lettore, inoltre, è coinvolto nella storia in prima persona, potendo trarre dalle descrizioni del clima meteorologico che accompagnano spesso la descrizione degli animi dei personaggi una sorta di presagio sullo svolgimento successivo degli eventi.

I partecipanti alla riunione procedono quindi alla votazione. Il giudizio medio finale è 7,5/8.

Silvia procede alla lettura del titolo del prossimo libro: “Il mio nome è rosso” di Orhan Pamuk.